La guerra ha accompagnato l’umanità fin dalle sue origini.
La narrazione che la civiltà occidentale ha fatto della guerra può essere essenzialmente suddivisa in tre modalità: epica nel mondo antico, romantica nel mondo moderno e televisiva nel mondo contemporaneo.
Per comprendere come la nostra cultura della guerra sia intimamente legata al racconto che ne facciamo, Antonio Scurati legge queste tre modalità attraverso quelli che chiama i “criteri della visibilità“: la visibilità come rivelazione, come mezzo per comprendere la realtà di un mondo a guerra.
Partendo dall’epica antica con l’ideale eroico dell’Iliade che ha dato vita a una tradizione millenaria in cui la battaglia era un evento capace di generare significati e valori collettivi, e passando per la crisi di questo paradigma nella modernità romantica con la sua dissoluzione nella convinzione per tutto il Novecento che la guerra sia priva di ogni significato, si arriva alla tragica attualità del conflitto raccontato dalla televisione, quando le immagini della guerra entrarono per la prima volta nelle nostre case in diretta.
Era il 17 gennaio 1991, data di inizio della Prima Guerra del Golfo e ci si illudeva che al massimo della spettacolarizzazione potesse corrispondere il massimo della visibilità, invece ci si trovò di fronte a un’apocalisse svuotata di ogni rivelazione.
Un’altra data di svolta è arrivata dieci anni dopo: dall’11 settembre 2001 la guerra è stata nuovamente investita di un significato salvifico, come forma di violenza positiva che si contrappone alla nuova forma di violenza illimitata che è il terrorismo; e siccome quest’ultimo non può essere affrontato sul proprio terreno, non avendo territorialità, la guerra ha abbandonato la realtà per assicurarsi il controllo dei cieli dell’immaginario.
L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 sembra a prima vista contraddire lo sviluppo di questo paradigma. Putin e la sua guerra, però, non sono l’Occidente: sono il nemico.
Ma come sta rispondendo l’Occidente a questa offensiva orientale?
Magari tornando a quegli archetipi millenari che credevamo ormai sepolti dal pacifismo novecentesco.